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L’abbinamento che non ti aspetti: usare i vini dolci per esaltare formaggi erborinati e paté

by Lucia Antenori
vini dolci

Nell’immaginario collettivo, i vini dolci sono quasi indissolubilmente legati al mondo della pasticceria e dei dolci, compagni prediletti di torte, biscotti e dessert al cucchiaio. Questa associazione, sebbene corretta, ne limita enormemente il potenziale espressivo, oscurando una delle loro vocazioni più sorprendenti e raffinate: l’abbinamento con preparazioni salate di grande carattere. È proprio nel dialogo con sapori intensi, sapidi e grassi che i vini dolci rivelano una complessità inaspettata, trasformando la degustazione in un’esperienza gastronomica di altissimo livello, basata sul principio audace e armonico del contrasto.

Il principio del contrasto: un dialogo tra dolce e salato

L’abbinamento per contrasto è una delle tecniche più affascinanti dell’analisi sensoriale. L’obiettivo non è trovare sapori simili tra cibo e vino, ma creare un equilibrio dinamico in cui due elementi apparentemente opposti si esaltano a vicenda. In questo contesto, la morbidezza zuccherina del vino dolce non si scontra con la sapidità decisa di un formaggio o la ricchezza di un paté, ma la avvolge, la mitiga e ne pulisce il palato. La componente alcolica e la buona acidità, spesso presenti in questi vini, svolgono un ruolo cruciale nel bilanciare la sensazione grassa, lasciando la bocca fresca e pronta per un nuovo assaggio. L’importante, anche in questi casi, è sempre scegliere l’abbinamento giusto. Quando si parla di questa tipologia di vini si tende sempre a pensare al moscato, ma la verità è che si possono trovare tantissime proposte di vino dolce, al di là dei classici nomi. Il risultato è un’armonia costruita su un gioco di equilibri, dove ogni sorso prepara e arricchisce il boccone successivo.

Formaggi erborinati e nettari dorati: un’unione sublime

L’incontro tra un grande formaggio erborinato e un vino passito è forse l’esempio più emblematico di questo principio. Prendiamo un Gorgonzola piccante, con la sua pasta cremosa, le sue venature intense e la sua tendenza amarognola e sapida. Accostargli un Passito di Pantelleria è una rivelazione: le note calde e avvolgenti di albicocca disidratata, fichi secchi e agrumi canditi del vino creano una base dolce che doma la veemenza del formaggio. La sua intrinseca acidità sgrassa il palato, mentre la persistenza aromatica di entrambi si fonde in un finale lungo e incredibilmente complesso. Lo stesso vale per abbinamenti internazionali classici, come quello tra il Roquefort francese e un Sauternes di Bordeaux, dove la muffa nobile del vino dialoga elegantemente con quella del formaggio.

La seduzione del paté e la complessità dei vini meditativi

Anche i paté, specialmente quelli a base di fegato, trovano nei vini dolci un partner ideale. La texture vellutata e la componente grassa di un paté di fegato d’oca o di un ricco paté di fegatini toscano vengono splendidamente bilanciate dalla struttura e dalla complessità di un vino da meditazione. Un Vin Santo del Chianti Classico, con i suoi sentori di frutta secca, mandorla e miele derivanti dal lungo affinamento in caratelli, offre una cornice aromatica che eleva la preparazione senza sovrastarla. Allo stesso modo, un Marsala Superiore Riserva Ambra, con le sue note ossidative di noce, dattero e spezie dolci, può accompagnare queste preparazioni con un’eleganza senza tempo, dimostrando come la dolcezza, quando ben calibrata, non sia un limite ma una straordinaria chiave di lettura per sapori profondi e persistenti.

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